La Misericordia Maggiore o MIA (nell’abbreviazione storica che l’ha evidenziata nei secoli) sorse a Bergamo come sodalizio spirituale e caritativo per opera di due domenicani, il vescovo Erbordo e il beato Pinamonte da Brembate, che ne dettò la regola originaria. Il soccorso dei poveri, degli infermi, dei carcerati e degli altri bisognosi fu l’obiettivo della Misericordia, le cui prime rendite furono le offerte raccolte tra i Confratelli; si aggiunsero quindi beni e lasciti, legati ed eredità che col tempo e grazie ad una accurata amministrazione si accrebbero fino a costituire un ingente patrimonio.La Misericordia divenne il principale punto di riferimento per quei diffusi orientamenti dei laici conosciuti come “rivoluzione della carità”. Attuò un’assistenza a tutto campo, che si rivolgeva all’intera cittadinanza e copriva l’intera città, tutto il territorio del medioevale “Comune di Bergamo”, cioè l’attuale territorio di tutta la provincia.
Pur mantenendosi in piena autonomia nei confronti dell’istituzione comunale, la Misericordia, grazie al Patrono, seppe fin dall’inizio garantirsi il suo appoggio. Le attività della Misericordia si mossero abilmente all’interno degli spazi concessi dal regime podestarile e fu proprio nel campo dell’assistenza che maggiormente si concretizzò l’appoggio – economico e politico – dell’istituzione comunale. La MIA era diventato un organismo complementare della pubblica amministrazione: alla Misericordia il Comune aveva delegato tutte quelle funzioni di pubblica assistenza che non erano proprie degli ospedali.
Con atto del 23 giugno, il Comune affidò alla Misericordia Maggiore la Basilica di S. Maria Maggiore, monumento sorto per volontà dei cittadini bergamaschi e costruito con le loro offerte, che era ed è un monumento civile di proprietà del Comune di Bergamo e che da allora divenne “parte nobilissima e principale” dell’amministrazione del Consorzio, che si dedicò con grande impegno all’abbellimento del sacro edificio ed al suo arricchimento.
Il Papa Nicolò V con una Bolla sanzionò l’autonomia del “Consorzio della Misericordia” e sottrasse la Basilica alla giurisdizione del Vescovo, sancendo il vincolo tra l’Opera Pia e la Basilica medesima.
Le funzioni solenni alle quali partecipavano le autorità erano anche cerimonie della vita pubblica. La Basilica era anche luogo di rappresentanza; le più importanti e drammatiche convocazioni dei capi famiglia durante le guerre del primo Cinquecento si tennero proprio sotto le volte della chiesa. Ma nei secoli medievali nella chiesa si custodivano anche i beni cittadini, si organizzavano riunioni, si rogavano atti notarili. Misericordia Maggiore e Basilica di Santa Maria Maggiore divennero di fatto una sola cosa: e il nome ufficiale fu appunto Consorzio della Misericordia e della chiesa e fabbrica di S. Maria Maggiore. Dopo questa unione si moltiplicarono le donazioni e i lasciti testamentari in cambio di distribuzione di pani ai poveri, di mantenimento allo studio di studenti bisognosi ma anche di messe di suffragio da celebrarsi quotidianamente dai numerosissimi preti al servizio del Consorzio.
Le crescenti esigenze per garantire l’ufficiatura della basilica suggerirono la fondazione di una scuola di chierici. Con l’istituzione del seminario vescovile, la scuola per i chierici (Accademia) finì col trasformarsi in collegio cittadino (Collegio Mariano che anticipò il ginnasio-liceo di piazza Rosate) e la Misericordia Maggiore per oltre due secoli e mezzo si assunse l’onere di gestire la scuola pubblica superiore cittadina. La Misericordia godeva di ampi privilegi concessi dalla amministrazione veneziana e perfino dal papa, che garantivano di amministrare patrimonio e basilica senza ingerenze esterne. Per evitare che il vescovo cittadino interferisse nella gestione della chiesa, fu smontato l’antico battesimale da secoli custodito nel battistero che sorgeva dentro la navata maggiore.
Col trascorrere dei secoli il patrimonio della Misericordia crebbe notevolmente nonostante le ingentissime vendite di beni effettuate negli anni di carestia per procurare quanto necessario per il soccorso dei poveri. Negli anni più difficili, col ricavato dei poderi venduti, la Misericordia poteva garantire la sopravvivenza di migliaia di affamati.
I Rettori Veneti di Bergamo non mancarono mai di sottolineare la buona gestione e la grande cura con la quale il patrimonio della Misericordia veniva amministrato. Si calcola che nel 1626 le rendite della Misericordia ammontassero a 20.000 scudi l’anno, dei quali 15.000 circa venivano spesi per i poveri.
Il flusso di denaro ed i proventi degli estesi poderi del Consorzio finirono in parte anche nelle fastose e costosissime decorazioni della Basilica. Opere d’arte e di fede come sono la serie degli arazzi, il coro intarsiato e gli splendidi stucchi non sarebbero mai stati realizzabili senza la forza economica della Misericordia.
Alla fine del ‘700 la Rivoluzione Francese portò tali e così profondi cambiamenti che si dovette variare l’organizzazione del Consorzio della Misericordia. L’antichissimo Consorzio perse moltissima della sua autonomia diventando a tutti gli effetti parte della pubblica amministrazione.
Il Maestro Giovanni Simone Mayr, all’epoca il più noto ed importante Compositore europeo, concepì il progetto della “Pia Scuola di Musica”, in cui vennero accolti alcuni ragazzi poveri per apprendere il canto ed il suono. La Pia Scuola ebbe risultati eccellenti, sia per il valore dei discepoli (valga per tutti il nome di Gaetano Donizetti) sia anche per le scelte esecuzioni in S. Maria, la cui fama superò presto i confini della provincia. Qualche anno dopo, la Pia Scuola fu staccata dalla Cappella Musicale, divenendo un’entità autonoma e trasformata nel Civico Istituto Musicale Gaetano Donizetti. Rimane oggi viva ed attivamente operante la Cappella di S. Maria Maggiore, cui la MIA dedica le proprie cure.
Varie furono le traversie della Misericordia Maggiore che, subendo gli eventi storici, dal 1808 confluì nella Congregazione di Carità
La Misericordia Maggiore confluisce nell’Ente Comunale di Assistenza
Il D.P.R. 616/1977 dettò le norme per il trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative relative all’organizzazione ed all’erogazione dei servizi di assistenza e beneficenza. Tal D.P.R. escludeva dal trasferimento le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza che svolgevano in modo precipuo attività inerenti la sfera educativo – religiosa, tra le quali venne riconosciuta l’Opera Pia Misericordia Maggiore, che venne pertanto inclusa nell’elenco pubblicato con D.P.C.M. del 23 dicembre 1978.
Con la normativa ultima, l’istituzione da IPAB è passata a Fondazione e viene amministrata da un Consiglio composto da nove Consiglieri, nominati dal Sindaco del Comune di Bergamo.
Dal gennaio 2004 la MIA – Congregazione della Misericordia Maggiore di Bergamo, già “Opera Pia”, ha assunto la forma giuridica di Fondazione, in modo da poter proseguire – con strutture più adeguate alle necessità di oggi – la missione che l’ha contraddistinta negli oltre sette secoli di esistenza: occuparsi di istruzione, cultura, religione e assistenza, secondo i principi dello Statuto, per i quali la Fondazione: non ha scopo di lucro, riconferma il rispetto degli interessi e delle finalità espressi nelle tavole fondative e negli statuti originari, partecipa, sulla scorta della legislazione vigente ed in aderenza alla propria ispirazione cristiana alla realizzazione del sistema sociale, nell’ambito caritativo--assistenziale, educativo e formativo.
Nello specifico, la Fondazione ha i seguenti scopi primari e fondamentali: