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Storia

Una chiesa superlativa

La storia ci narra che nel 1133 le terre bergamasche furono colpite da una grave siccità; seguì la carestia e la peste. La popolazione di Bergamo pregò la Vergine e chiese il Suo aiuto: nel 1135, infatti, si deliberò di erigere una chiesa come voto di ringraziamento. Il Consorzio della Fabbrica, appositamente costituito, raccolse gli oboli dei cittadini, ed il 15 agosto 1137 il Vescovo di Bergamo Gregorio benedisse la prima pietra della Basilica di S. Maria Maggiore.
 
  • 1135

    Secondo la tradizione popolare, la chiesa fu edificata per ottemperare ad un voto fatto alla Madonna nel 1133 dai bergamaschi perché proteggesse Bergamo dalla peste che si stava abbattendo sul Nord Italia. Il 15 agosto 1137 il Vescovo di Bergamo Gregorio benedisse la prima pietra della Basilica di S. Maria Maggiore, eretta sul sito di una preesistente chiesa dell'VIII secolo dedicata alla Vergine. Fu appositamente costituito il "Consorzio della Fabbrica" per la raccolta delle offerte e il progetto fu affidato a mastro Fredo.

  • 1342

    Il grandioso Albero della vita, affrescato da un pittore anonimo tra il 1342 e il 1347 sulla parete meridionale del transetto della Basilica, è ispirato ad un prezioso opuscolo di alta spiritualità cristiana che ha esercitato una notevole influenza in campo teologico, letterario e artistico del Trecento. Il Lignum vitae è stato scritto da Bonaventura da Bagnoregio nel 1260 per accendere nei fedeli il “ripensamento” sulla vita di Cristo, per imprimere profondamente nella memoria il ricordo vivo di tutti i passi salienti dell’esistenza di Gesù.

  • 1351

    Nel 1351-53, Giovanni da Campione intraprese l’adattamento gotico della basilica con la realizzazione in marmi policromi del portale verso piazza Vecchia a tre ordini architettonici sovrapposti.

  • 1360

    Nel 1360 fu la volta del secondo portale, arricchito con formelle raffiguranti Cristo, gli Apostoli, immagini di Santi, oltre che con figure di manovali e lapicidi al lavoro; e nel 1367 il medesimo Giovanni da Campione, aiutato dal figlio, realizzò l’ultimo portalino nell’angolo di nord-est, con materiali più poveri e forme più dimesse.

  • 1472

    Fu demolita una delle absidi per volontà del condottiero Bartolomeo Colleoni, per ricavare lo spazio destinato alla Cappella della propria sepoltura;

  • 1522

    Giovan Francesco Capoferri, intarsiatore originario di Lovere, venne incaricato di approntare un nuovo coro per la chiesa civica della città. Soprintese ai lavori il Consorzio della Misericordia, che decise di far intarsiare i sedili della parte anteriore del coro, destinati ai religiosi, lasciando quelli dei laici, nella parte dietro all'altare, senza decorazione. Inoltre vennero previste quattro tarsie più grandi, per le estremità dei seggi verso la navata. All'inizio la committenza affidò la produzione dei cartoni per le tarsie a più artisti, ricevendo dal Lotto quello per un'Annunciazione, poi i responsabili stripularono patti con Lotto per tutte le tarsie che restavano da fare.

  • 1555

    Tra il 1554 e il 1555, due dei figli di Capoferri, Zinino e Alfonso, porteranno a termine il grande coro bergamasco, con l'aggiunta del coro dei laici, a seguito della morte di Capoferri che morì nel 1534 a soli 37 anni, dopo aver completato il suo lavoro sui disegni di Lotto.

  • 1576

    In seguito alle prescrizioni contenute in due relazioni di Pellegrino Pellegrini Tibaldi del 1576 e del 1580, iniziò la trasformazione interna della chiesa, con la soppressione di tutti gli altari laterali e di tutte le pitture a fresco. Il risultato di questa trasformazione coincide quasi alla lettera con quanto oggi si vede.

La storia, probabilmente, s’intreccia con la leggenda: sta di fatto che la Basilica, da quella data, si erge nel cuore di Città Alta, incardinata tra piazza Vecchia e piazza Rosate, nella parte più nobile della Bergamo storica, circondata dalle mura venete. La sua centralità urbanistica e religiosa è confermata da due circostanze: la prima è che l’edificio risulta privo di una facciata nel senso tradizionale, ma ne può addirittura vantare due, se tali vengono considerate la parete del lato sud (con il portale “dei leoni bianchi”) e la parete del lato nord (con il portale “dei leoni rossi”). 

La chiesa sorge su sui resti di un’altra più piccola già dedicata alla Madonna. Poco si conosce del costruttore, tale Magistero Fredo, individuato come uno dei maestri comacini. La chiesa fu improntata a quello stile romanico maturo tipico dell’epoca, arricchito di influssi con provenienza geografica diversificata, anche in direzione europea, ad esempio renana. Delle cinque absidi originarie ne sopravvivono due, quella centrale e quella a sud-ovest; delle altre, una venne fatta demolire da Bartolomeo Colleoni nel 1472 per farne ricavare lo spazio destinato alla Cappella della propria sepoltura; una seconda nel 1485 fu sostituita con una Sacrestia e una terza fu parzialmente abbattuta per far posto al campanile edificato tra il 1436 e il 1459. Da quelle superstiti si vede che il modello della loro struttura appare caratterizzato dalla presenza di due ordini, uno a finestre strombate e un secondo, il superiore, costituito da una galleria a giorno. La cupola, su base ottagonale a lati irregolari, si innalza progressivamente con tre gallerie illuminate da aperture praticabili; la più bassa con archi a tutto sesto, le due più alte con bifore, mentre un’agile cuspide chiude questo ritmato e pacato movimento verso l’alto.
Il tessuto costruttivo murario rivela registri a tempi diversi nell’edificazione, manifestamente condizionata da disponibilità finanziarie diverse: a blocchi grandi, regolari e ben squadrati la parte orientale e quella della prima fascia inferiore; a blocchi più piccoli e irregolari il resto. Caldo e variegato è anche il colore della pietra arenaria impiegata, dal più morbido giallo ambrato al grigio pietroso. Nel 1351-53, Giovanni da Campione intraprese l’adattamento gotico della basilica con la realizzazione in marmi policromi del portale verso piazza Vecchia a tre ordini architettonici sovrapposti; il protiro dalla ricca ed elegante strombatura, una loggetta con le statue di S. Alessandro a cavallo e i SS. Barnaba e Vincenzo, un’edicola con la Vergine e le Sante Grata ed Esteria. Nel 1360 fu la volta del secondo portale, arricchito con formelle raffiguranti Cristo, gli Apostoli, immagini di Santi, oltre che con figure di manovali e lapicidi al lavoro; e nel 1367 il medesimo Giovanni da Campione, aiutato dal figlio, realizzò l’ultimo portalino nell’angolo di nord-est, con materiali più poveri e forme più dimesse. 

Completa lo slancio raffinato e ascensionale di queste integrazioni la presenza, sulla parete verso piazza Rosate, di una guglia, opera di Anex de Alemania, lo scultore Hans von Fernach proveniente dai cantieri del Duomo di Milano, autore di un tabernacolo cuspidato “nordica freccia a trafori in tanta gravità di compatte forme lombarde”. 
All’interno della basilica, le reminiscenze di questa stagione gotica sopravvivono solo nel recupero di alcuni affreschi, attribuiti al Maestro dell’Albero della Vita (1347), autore anche delle pitture nella parte opposta del transetto con l’”Ultima Cena” e “S. Eligio che ferra il cavallo”, e al Maestro del 1336, cui si deve un grande affresco con “S. Alessandro a cavallo” e quello della “Madonna fra Santi”.
In seguito alle prescrizioni contenute in due relazioni di Pellegrino Pellegrini Tibaldi del 1576 e del 1580, iniziò la trasformazioni interna della chiesa, con la soppressione di tutti gli altari laterali e di tutte le pitture a fresco. Il risultato di questa trasformazione coincide quasi alla lettera con quanto oggi si vede.

“La cappella della Comunità, chiesa è bellissima, grande, et bene ornata, imo adornatissima, sì de preti, altari, et la grandezza sua;
le porte magnifiche, alte, et de marmo lavorate; à un batisterio mirabellissimo, più che viti mai excelso e degno”

Marin Sanudo, 1483

Liturgia

La Basilica di S. Maria Maggiore fu amministrata e officiata dal Capitolo di S. Vincenzo dalla sua origine fino al 1449,  quando venne scorporata dal complesso cattedralizio e affidata alla Congregazione della Misericordia Maggiore che si riservava il diritto di nominare il clero officiante.   Chiesa collegiata fino agli anni ’70 del ‘900, dotata un tempo anche di clero e seminario autonomi, oggi la vita spirituale e liturgica che in essa si svolge è assicurata da un Rettore che, in ossequio alla tradizione canonicale e all’antica autonomia sancita dal papa  Nicolò V, anche oggi viene denominato Priore. Lungo i secoli personalità di assoluto rilievo venne chiamati dalla MIA a ricoprire l’importante carica, tra gli ultimi mons. Angelo Meli, Priore dal 1951 al 1971, e mons. Alberto Bellini, Priore dal 1971 al 2010.  Dal 2010, in base al nuovo Codice di Diritto Canonico, la nomina del Priore non è più privilegio esclusivo della MIA, ma compete al Vescovo di Bergamo sentito preventivamente il parere della Misericordia.
Dal 15 Agosto 2013 Priore è don Gilberto Sessantini. Il cuore dell’attività liturgica domenicale è costituito dalla Messa solenne delle ore 11 che vede la partecipazione della Cappella Musicale della Basilica, una delle istituzioni più prestigiose della storia musicale italiana. Cicli particolari di predicazione sono previsti in Avvento e Quaresima e nelle feste mariane.  Nel Mese di Maggio, oltre ad iniziative particolari di devozione a Maria invocata col titolo di Madre di Misericordia, vengono programmati incontri di carattere culturale chiamati a coniugare il rapporto tra fede ed arte. Particolare risalto hanno poi le celebrazioni delle solennità dell’Assunzione e dell’Immacolata, quando tutta la Città idealmente rappresentata dalle istituzioni civili bergamasche, confluisce in Basilica per onorare Maria.